Dalla Regola: severità e comprensione nell’educazione

San Benedetto (480 ca.-547 ca.) oscilla tra severità e comprensione: arriva a raccomandare di “battere” i fanciulli che sbagliano, ma raccomanda anche comprensione e discrezione nei confronti di coloro che hanno errato per motivi che risiedono nel profondo della propria coscienza.

Cap. 30 – La correzione dei fanciulli in età minore
Ogni età ed ogni intelligenza devono essere trattate in una maniera speciale. Perciò i fanciulli e gli adolescenti o anche quelli che non possono rendersi conto della gravità della scomunica, quando commettono qualche colpa, o siano puniti con digiuni prolungati o con gravi battiture, perché si correggano.

Cap. 37 – I vecchi e i fanciulli Benché la stessa natura umana sia portata alla compassione verso queste età, cioè verso i vecchi ed i fanciulli, tuttavia anche per loro si faccia sentire l’autorità della Regola. Si abbia sempre presente la loro debolezza e non siano tenuti alla severità della Regola quanto all’alimentazione, ma si trattino con benevola discrezione e anticipino le ore dei pasti.

Cap. 45 – La correzione di quelli che sbagliano in coro 
Se qualcuno, nel recitare salmo, responsorio, antifona o lezione, sbaglia e non si umilia lì davanti a tutti con una penitenza, sia sottoposto ad una pena più severa, perché non ha voluto correggersi con umiltà dell’errore commesso per negligenza. I fanciulli, invece, per una tale colpa siano battuti.

Cap. 46 – La correzione di quelli che sbagliano in qualsiasi altra cosa
Se qualcuno, mentre è occupato in un qualsiasi lavoro, in cucina, nella dispensa, nei servizi, nel forno, nell’orto, in qualche attività o in un qualunque altro posto causasse qualche danno o anche delle rotture o delle perdite oppure commettesse altre mancanze in qualsiasi modo, e non si presentasse subito davanti all’abate e alla comunità per darne spontanea soddisfazione e manifestare la sua colpa, qualora ciò fosse reso noto per mezzo di altri, sia sottoposto ad un castigo più severo. Se invece la causa della mancanza risiedesse nel segreto della coscienza, la manifesti solo all’abate o ai consiglieri spirituali più anziani, a chi insomma sappia curare le ferite proprie e altrui, senza scoprirle e manifestarle.

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